Alberese: cenni storici
La storia dell’Alberese inizia nel Paleolitico, come testimoniano i resti rinvenuti nelle Grotte della Fabbrica e dello Scoglietto, dove vissero l’uomo di Neanderthal e l’homo Sapiens Sapiens, cacciando e raccogliendo radici e frutti dei boschi. All’epoca romana (I-II secolo d.C.) appartengono i ruderi del Ponte del Diavolo (presso Spolverino), dove l’antica via Aurelia attraversava il fiume Ombrone. Il nome di Alberese (dall’etimologia incerta fra le parole arbor, albero e albarium, pietra biancastra dei monti dell’Uccellina) compare nell’XI secolo, quando venne fondata l’Abbazia Benedettina di Santa Maria Alborense poi San Rabano, costruita sui monti sovrastanti la pianura ove è l’odierno abitato e destinata a dominare la storia dell’intera zona per i 500 anni successivi. Con la crisi dell’ordine monastico, l’Abbazia decadde e la sua lunga storia si chiude con il passaggio ai Cavalieri di Gerusalemme, poi Ordine di Malta. Il borgo rurale di Alberese è un centro agricolo sviluppatosi presso ilo “Palazzo”, ovvero il grande edificio fortificato, oggi Villa Fattoria Granducale, fatto costruire nel 1470 da Beuccio Capacci, priore dell’ordine, e che, con la sua affascinante architettura, ancora oggi domina il paese. Fino alla fine del XVI secolo sotto l’amministrazione dello Scrittoio delle regie Possessioni del governo mediceo. Nel 1739 la tenuta di Alberese venne restituita ai Cavalieri di Malta, ed alla loro soppressione nel 1808, durante l’occupazione francese, entrò a far parte del Demanio, salvi “i contratti veglianti con la famiglia Corsini”, cui era stata data in locazione. Nel 1831 la tenuta entrò a far parte dei beni delle Regie Possessioni e, infine, nel 1839, fu acquistata dallo stesso granduca Leopoldo II di Lorena per la cifra di 1.313.757 lire toscane. Al patrimonio privato lorenese rimase (con la vicina Tenuta della Badiola di Castiglione della Pescaia, acquistata negli stessi anni) fino alla prima guerra mondiale, allorché gli Asburgo – Lorena tentarono inutilmente di far riconoscere la validità della vendita fatta al Duca Lante della Rovere nel 1915. Il governo italiano espropriò l’Alberese (e la Badiola) come < <bene di sudditi nemici>> e nel primo dopoguerra (1923) assegnò l’azienda all’Opera Nazionale Combattenti. L’azione congiunta dell’Opera e del Genio Civile nella bonifica del territorio consentì un forte incremento demografico, grazie all’immigrazione di veneti e friulani, cosicché venne a formarsi, attorno agli uffici amministrativi ed alla nuova chiesa di S. Maria, l’odierno centro abitato di Alberese. In questo ha sede il parco Naturale della Maremma (esteso per oltre 70 km2 nel tratto costiero da Principina mare a Talamone e dominato dai Monti dell’Uccellina, istituito con legge regionale nel giugno del 1975), di cui il territorio alberesano costituisce parte copiscua. Qui vivono allo stato brado cavalli discendenti da quelli berberi, importati dai Romani dalla Numidia, e gli inconfondibili bovini derivanti da incroci fra antiche razze d’origine asiatica. In località Spergolaia, ci sono i bellissimi granai ottocenteschi, probabilmente i più grandi d’Italia, destinati a diventare un affascinante spazio espositivo. Da qui una strada, con annessa pista ciclabile, conduce fino alla spiaggia di Marina di Alberese, che si estende tra la foce dell’Ombrone e la Torre di Collelungo, con ampi scorci panoramici sull’Elba, la Corsica, Montecristo, Giglio e l’Argentario.